dimanche 30 janvier 2022

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Bibliotheca dell’oblio

Tracce per una im-poetica della memoria

, Franco Cipriano

La cruauté du langage vient de ce que sans cesse il évoque sa mort sans pouvoir mourir jamais.
(La crudeltà del linguaggio deriva da ciò che continuamente esso evoca la sua morte senza poter morire mai.)
Maurice.Blanchot

Perché l’oblio non dimentica, ma, nelle lacune dell’assenza, ritrova e reiventa
Jaques Lacan

Nelle ibridazioni di senso dell’arte, dove il possibile della sublimazione immaginante tocca anche il suo dissolversi, l’operare del pensiero artistico si dilata fino ai suoi confini, in una terra di nessuno, dove l’immagine è vuota, dove il senso ha per eco l’oblio. Nella rivelazione pre-simbolica del ‘vuoto di senso’ nella materia di silenzio del gesto originario appare la scriptura dell’immemorabile. Il senso ‘nega’ la sua rappresentazione, per ritrarsi nell’impossibile declinare le cose. E in questo negarsi riappare come segno dell’indefinibile, del ‘vuoto’ immaginale di memoria. Il ‘tradirsi’ è il proprio stesso risorgere nell’assenza. Paradosso dell’irrappresentabile : dire per disdirsi, mostrarsi per ‘ritrarsi’.

L’opera obliante è nel silenzio del Libro della historia infigurabile, che non ha da immaginare rappresentazioni del mondo, ma questo suo immemore deve pur essere ‘immaginato’, farsi significante per donner à voir la sua eccedenza come materia dell’ineffabile, come radice ‘senza luogo’ della memoria nel Signum imperscrutabile dell’immemorabile.

Una liturgia dell’assenza scava il destino della storia formale della contemporaneità dell’arte, in un’esposizione apocalittica — rivelazione che è ‘chiarore’ del mistero — di nudità estrema, fino alla soglia dell’in-differenza del linguaggio, dove la scriptura historica del senso accede alla singolarità “catafisica” della “materia trascendentale”, dove niente ‘si forma’ in identità immaginativa, dove è incisa la materia della ‘terra dimenticata’ e in essa l’opera della “memoria dell’oblio” è profezia di una liturgia dell’altrove. In questo trascendersi l’opera è via verso il linguaggio ultimo, dove non è più possibile vedere confini ma solo migrare per ‘ascoltare’ la im-possibilità di senso, sulla soglia di interminabili addii. La faglia che frattura il linguaggio e lo apre al dissolvimento di senso è tremito dell’immemoriale. Nel trasalimento della “verità segreta”, che attraversa apocalitticamente il corpo del linguaggio, l’operare nell’arte del contemporaneo chiama al suo ‘infinito’ irrisolversi, nell’abisso del suo stesso evento di senso, inafferrabile, indefinibile, inimmaginabile, come il paradosso tremendo di Narciso cieco.